I libri che mi piacciono sono quelli che danno lo spunto per trovare delle risposte, Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie è uno di questi.
Mi sono chiesta forse un miliardo di volte quali fossero le storie delle persone che incontro per strada; una curiosità che, devo ammetterlo, spesso si accentua quando gli occhi che incrocio hanno forme diverse dalla mia, il colore della pelle assume sfumature che evocano origini esotiche o percepisco nei discorsi di chi ho di fianco strascichi di un accento straniero e parole dal significato per me indecifrabile.
Davanti alla mia aperta curiosità e alla conseguente indignazione per i muri, fisici e psicologici, che spesso vengono eretti sulla strada dello straniero-immigrato-invasore, mio padre, col suo solito fare mistico, ripete che la diffidenza nasce dalla paura di ciò che non conosciamo. Una paura umana, naturale che non dovrebbe di per sé destare biasimo nei confronti di chi la prova. Come puoi biasimare mia nonna che è convinta che all’ingresso di ogni discoteca frequentata dai miei cugini ci siano distributori automatici di ecstacy, se lei in una discoteca non ci è mai stata?
Se l’antidoto è dare la possibilità di conoscere, di rendere noto ciò che è ignoto – portare mia nonna a fare serata in discoteca per capirci – Americanah lo fa magistralmente.
Do you really wanna be Americanah?
Attraverso gli occhi di Ifemelu, giovane nigeriana che emigra negli Stati Uniti spinta non dalla fame o dalla miseria, ma dall’assenza di alternative, dalla stagnante immobilità politica e sociale del proprio Paese, la Adichie racconta l’emigrazione dei “ricchi”.
Non è la storia di chi sbarca sulle coste del mediterraneo rischiando la vita fuggendo dalla guerra, né di chi muore di stenti nel proprio Paese e per darsi una possibilità di sopravvivere affronta estenuanti viaggi attraverso il deserto. Non si tratta dunque di una di quelle storie che muove a compassione chi abbia mantenuto un briciolo di umanità. E’ piuttosto la storia della nuova generazione della classe media nigeriana all’affannosa ricerca di una chance che gli consenta di uscire dalla palude di corruzione, dai paradossali meccanismi di una società che guarda al futuro attraverso le lenti distorte e lacerate di un passato prossimo fatto di dittature, colpi di stato e negazione del pluralismo.
La vicenda della giovane protagonista è circolare: dall’adolescenza in Nigeria, agli anni americani della borsa di studio a Princeton e del seguitissimo blog “Razzabuglio”, fino al ritorno a Lagos, riprendendo il binario di una storia interrotta dopo la partenza per gli USA ma mai chiusa, seguendo un percorso di riscoperta di sé e di questioni rimaste in sospeso nel tempo e nello spazio.
Con una potenza spiazzante e attraverso lo sguardo ironico, politicamente scorretto e irriverente della protagonista, la Adichie – la cui biografia si sovrappone a più riprese a quella della protagonista del suo romanzo– affronta a viso aperto e senza peli sulla lingua il problema della razza nella società occidentale: è nel momento in cui tocca il suolo americano che, per la prima volta, Ifemelu si accorge di essere nera e donna in un Paese che vede al culmine di una piramide sociale taciuta ma mai rinnegata il Maschio Bianco Americano.
A partire da questa nuova consapevolezza di sé, la protagonista si farà testimone delle contraddizioni e dei paradossi, dei retaggi e dei falsi miti di progresso in tema di razza della società americana, con la voce sarcastica e onesta di chi cerca il proprio posto a cavallo tra due mondi, entrambi in fondo amati, di un amore che non chiude mai gli occhi davanti ai difetti.
Americanah racconta tanto: della moderna società nigeriana, degli ostacoli sul cammino di chi cerca un futuro altrove, dell’integrazione (o disintegrazione) nella società occidentale, del delicato equilibrio tra il richiamo delle origini e la tentazione di una omologazione che supera l’integrazione e si trasforma in negazione di sé, di come il modo di acconciarsi i capelli e di modulare il proprio accento possa diventare una rivendicazione della propria identità, del mutato sguardo con cui i “rimpatriati” tornano a casa, uno sguardo spesso ipercritico e pretenzioso da cui tuttavia trarre la linfa per cambiare e far evolvere il proprio Paese.
Americanah, insomma, racconta una delle milioni di storie di emigrazione, uno dei mille percorsi che portano tanti stranieri a calcare le strade dove, per caso, i loro sguardi incontrano il mio.
TITOLO ORIGINALE: Americanah
AUTORE: Chimamanda Ngozi Adichie
EDITORE: Einaudi
ANNO: 2015
PAGINE: 501
PREZZO: 15,00
CONSIGLIATO A: chi vuole andare e chi vuole rimanere, cercando di restare sé stesso.