PierGiuseppe di Tanno è un’anima antica, una di quelle persone che vivono perennemente in bilico tra l’etereo e l’abisso, tra la vita e l’arte. Ed è proprio a quest’ultima che ha consacrato la propria vita, facendo del suo corpo e della sua mente strumenti per la messa in scena di valori alti ed imprescindibili.
Siamo rimasti affascinati da questo artista ed abbiamo deciso di incontrare Pier per farci raccontare la sua storia.
Mi chiamano Pier o Piero, a seconda del suono che più piace a chi mi chiama. (all’anagrafe, PierGiuseppe Di Tanno). Nasco a TerAmo 33 anni fa. Fieramente vagabondo, fluisco senza abitazione fissa da più di 4 anni e di case sento di averne centinaia, pur non possedendone le chiavi.
“E’ tutto qui”: Pier Di Tanno, la poesia di un’anima antica
Artista è per me l’essere umano che illumina la sua esistenza alla luce di una Consapevolezza Universale superiore, è essere Amore in Azione, è fiamma chiamata a rischiarare l’oscurità, “guerriero di bellezza” in un sistema sociale dove ogni istante si rischia l’impoverimento dell’Anima e l’allontanamento dalla fonte vitale comune a tutti gli uomini. È colui che decora la sua vita ad ogni istante, colui che ringrazia perché tutto è perfetto.
Ho preso a cuore una parola di Mario dal Mare, un fratello poeta: sono un’Aldilista. Aldilista è colui che pone sé stesso al di là di ogni -ismo. Ogni altra definizione la sento stretta e inutile, semplicemente priva di necessità. La mia passione nasce con me e rinasce ogni volta che riesco ad avere coraggio”.
Come è nato “In my bed I’m my Guru”?
“In My Bed I’m My Guru” nasce in un’istante di visione notturna. Come una spinta fortissima dalle visceri e insieme una chiamata trasparente, come il frutto di tutta la mia esistenza fino a quel punto, atto di estrema sintesi di me e insieme azione poetica necessaria ad una collettività.
In occasione della breve riapertura dell’ex Manicomio Sant’Antonio Abate di Teramo – la più grande struttura manicomiale del centro sud Italia – ho riabitato una delle sue stanze per meditare al suo interno otto ore al giorno, visitato dagli abitanti della città, ognuno attirato da una personale ragione o storia, legami affettivi e della memoria.
Sedere in meditazione per tante ore e giorni su quel letto luogo di tortura e di morte e di incubo di vite passate è stata un’esperienza di non ritorno, un esperimento in qualche modo catartico per chi lo ha abitato insieme a me e per le presenze non visibili del posto: come un ascolto più profondo di un ricordo non mio che a piccole emersioni ho tentato di rendere presente, come venire ancora toccati da tutto quel male e insieme cercare un respiro di liberazione da esso.
La performance ha poi continuato a spostarsi in locations diversissime tra loro: siamo stati in Scozia e in diversi festivals italiani. E ogni volta assume anatomie nuove, trasformandosi a seconda del luogo che contamina.
“If you meet Buddha on the road, kill him!” è l’opera intorno a cui ruota la performance. Quando hai incontrato questo libro sulla tua strada e cosa ti ha trasmesso?
Ho incontrato questo testo grazie alla visita di una nuova amica psicoterapeuta, di passaggio anche lei nella casa che mi ospitava in quei tempi. La ringrazio ogni giorno. Un risveglio pieno di grazia, con lei che offriva come una Musa le parole che io cercavo da tempo. Uno scambio tra viaggiatori sconosciuti, coi quali molto spesso mi accade di avere contatti molto più liberi e profondi rispetto a chi conosco da tempo. Chissà perché.
Quale dei 43 punti della Eschatological Laundry List ti rispecchia di più e perchè?
Il primo: “E’ tutto qui”. In queste tre parole esiste già tutta la lista, e insieme tutta la nostra Verità, mi dico. E’ un’inalazione di fiducia, una delicata presa di coscienza attraverso ogni parte di sé, è sapere di essere tutto il mondo. Ed oltre.
Quale è il tuo sogno nel cassetto?
Esiste un cassetto in una casa familiare in cui ho infilato un foglio pieno di sogni. Così, per poter dire anche io di avere “i sogni nel cassetto”. Ma bisognerebbe andare a riaprire quel cassetto e rileggerseli per rispondere alla tua domanda. E ora sono altrove…
Tre aggettivi per descriverti.
Sottile. Lunare. Biodinamico.
Il libro sul tuo comodino.
Non avendo casa non possiedo comodino, ma due libri ultimamente affiancano i miei sogni: “La tentazione di esistere” di Cioran, di cui sono terrorizzato di leggere l’ultimo capitolo, e “Nel RinasciSenso” di Mario dal Mare, un testo che in qualche modo completa il titolo dell’opera di Cioran facendomi sognare più forte il luogo in cui sto tentando di Ri-esistere.
La canzone nella tua testa.
Un suono che purifica tutto il rumore che c’è intorno, come un canto antichissimo suonato da una voce lontana.
Icona a cui ti ispiri.
La faccia della Luna quando è piena, o un albero grandioso sotto il cielo. O un animale mansueto, o una donna anziana con le mani d’oro.
Progetti futuri.
Tanti. Lavoro da più di un anno alla creazione di Lucifer, un progetto teatrale di Industria Indipendente. Si tratta di un mio solo (divido la scena con Lady Maru, dj e composer) il cui tentativo disperato è quello di incarnare l’ennesima manifestazione dell’angelo caduto. Come ogni uomo cade sulla terra, Lucifer torna a cadere, di nuovo e per sempre. E poi tornare in India, il più presto possibile. Non riesco a capire cosa mi trattenga qui da un anno. Ma qualcosa c’è.
Photo credit: Brì Di Tanno